01 Febbraio 2019. Sono passati 12 anni dalla sua scomparsa ed è stato commemorato solo con un post su Facebook.
Un post su Facebook, questa è la misura della considerazione dell’amministrazione nei riguardi di chi ha trasformato Spoleto in Capitale Mondiale della Cultura. Mondiale.
Menotti ha segnato la nostra storia.
Un piccolo comune immerso in una piccola regione, 62 anni fa è stato scelto fra tanti per ospitare il Festival dei Due Mondi, meravigliosa creatura del Maestro Giancarlo Menotti.
Le stelle più fulgide della cultura, del teatro, della danza, della musica, opinionisti, jet set, tutti sono passati di qua.
La sua bellezza, il numero dei teatri tutti raggiungibili a piedi in un attimo (che lungimiranza costruire due teatri!), la sua posizione geografica, un centro storico affascinante, ampio ma raccolto, e una amministrazione attenta e capace di capire le potenzialità e la portata dell’evento, sono stati certamente fra gli elementi determinanti per la scelta.
Da allora nulla è stato più uguale per Spoleto.
Il Festival ha deciso il destino della città e della sua storia.
Una città che l’ha accolto incuriosita, interessata, grata, affettuosa. Ma anche adagiata su di esso. Che non ha mai cavalcato adeguatamente il “marketing menottiano”. Cadevano talmente tante briciole dal tavolo che non ci siamo sforzati troppo per trasformarci in aiutanti chef e dare una mano in cucina.
La creatura di Menotti ha avuto senza dubbio un passato (e anche un presente) glorioso con qualche piccola zona grigia: dai fasti dei primi anni, ha perso qualche colpo durante gli ultimi tempi della vecchiaia di Menotti, è crollato sotto la gestione di Francis, figlioccio adottivo di Giancarlo, per poi riprendersi più che dignitosamente con Giorgio Ferrara.
Tutto a suon di contributi statali, bei soldoni. Come giusto che fosse perché è sempre stato un gioiello.
Si è tentato in passato qualche sporadica iniziativa comunale per commemorare Menotti, ma non ha mai attecchito veramente. Non ha creato basi solide e durature.
Certo il Maestro è ricordato nel giorno del suo compleanno dal Festival. È il minimo.
Ricordarlo nel giorno della sua scomparsa, però, sarebbe una cosa tutta nostra, della città, sarebbe prendere l’iniziativa, come un bambino che finalmente si ritrova adulto, consapevole, che prende le chiavi di casa quando esce perché è diventato grande. Sarebbe anche provare a destagionalizzare il turismo del Festival (a febbraio) con un nuovo evento legato al nome di Menotti, sarebbe sentirlo come anche “nostro nostro” e non come un’astronave aliena che atterra ogni anno in piazza duomo, accolta con affetto come il caro zio d’America che si rivede solo a Natale. E allora non ci saremmo accontentati di intitolare un teatro al Maestro, ma ci sarebbero alberghi che portano il suo nome, così come menù, piatti, dolci, una via, una piazza, un palazzo, un monumento, rappresentazioni delle sue opere nei teatri, concerti in suo onore, ospiti da tutto il mondo per ricordarlo e celebrarlo. Un Festival Menottiano. Perché la memoria di chi ha segnato positivamente il nostro destino non si affievolisca. E la luce della sua stella continui a brillare.