Proserpine vista da me
La giovane Proserpine è una graziosa fanciulla, nel fiore della giovinezza, vive bucolicamente nel giardino di mammina, perennemente controllata da due ninfe. Le donne (solo donne) trascorrono i giorni a raccogliere fiori e petali di rose, intrecciare corone e raccontare storie. Un quadro idilliaco.
Sai che pa… ehm volevo dire, sai che particolare beatitudine!
La madre Cerere è il tipico esempio di madre italiana :“figlietta mia bella, non ti allontanare, stai attenta, non andare mai da sola che poi ti rapiscono…” ecc. ecc. Avete presente, no?!
Un giorno Cerere deve andare ad una festa da Giove. Il top della mondanità di quell’epoca. E piazza le due ninfe a guardia della figlia. Non la devono mai perdere di vista.
Sai che gioia! .… ehm volevo dire, sai che gioia per la fanciulla essere protetta!
Ma si sa le giovani come sono fatte, si dimenticano dei suggerimenti di mammina e si distraggono durante la raccolta dei fori.
All’improvviso dalle viscere della terra emerge un giovane re, bello e possente, a bordo di un cocchio tutto d’oro e rapisce Proserpina.
Una botta di vita…ehm no, volevo dire, una dura botta al tranquillo tran tran del gineceo.
E qui si capisce tutta la disperazione di Proserpina che vive in campagna cogliendo fiori, insieme a mammina e alle badanti, senza manco un padre, che alla vista del bel giovane, possente e aitante, si spaura e urla “Portami via!” …ehm no, volevo dire “portami da mamma mia!”.
La madre torna dalla festa e non trovando più la figlia si dispera. La cerca per mari e per monti. La terra, senza più la cura della sua dea, si inaridisce. Le ninfe si lamentano… “Noi qui a fare corone e Proserpine che scorrazza sul cocchio d’oro insieme al re bello e possente, ma non poteva rapire anche noi?”… Ehm no, volevo dire, le ninfe si lamentano”…ma quel bruto del re non poteva rapire un gregge di pecoroni, invece che la nostra Proserpine?”
Quando Cerere ritrova Proserpine, la fanciulla non può tornare sulla terra perché ha mangiato i frutti del peccato (come Eva): un melograno, insomma ha consumato (la frutta, stavolta non è una mela). Non è dato sapere se lo ha fatto in modo consenziente e consapevole o meno. In ogni caso Giove decide che è colpa della ragazza. E come ti sbagli? Certe cose non cambiano mai.
…non so se prima le ha chiesto com’era vestita, se indossava abiti succinti e se è stata lei a provocare ecc. Magari anche allora funzionava così.
Cerere è costretta a mollare. Se Proserpine ha consumato (il melograno) è colpevole e non si può chiedere che venga assolta. In virtù della parentela chiede a Giove di dimezzare la permanenza nell’ade (insomma patteggiano la pena) perché in realtà la ragazza non ha mangiato l’intero melograno, ma solo sei semi. La consumazione è stata parziale, quindi parziale deve essere anche la pena. Giove decide così di concedere a Proserpine sei mesi in superficie, con mammina, e sei mesi nell’ade, col dio bello e aitante.
Fonti non ufficiali raccontano che poi l’unione non fu così nefasta, a Proserpine la vita nuziale non dispiacque e pare abbia fatto anche qualche scenata di gelosia al re suo marito, allorquando questi ha provato a mettere gli occhi su qualche altra bella figliola.
Fine. Gli dei sono così, rappresentano vizi e virtù degli umani, ma se la tirano.
Proserpine secondo Ferrara
Un signore con la valigetta, dall’aria un po’ severa, è seduto al mio fianco e prende appunti. Deve essere un critico, penso.
Un’opera tutta al femminile. Mai tradotta in Italia. Testo di Mary Shelley, quella di Frankenstein, per intenderci. In scena solo donne, appassionate, disperate, accalorate.
Quando finisce devo chiedere al signore qui a fianco cosa ne pensa.
Fra le pieghe di Chia si muovono rigide e ingessate le walkirie di Ferrara. Un po’ di antica Germania. Le scene imponenti e colorate creano un bel contrasto con i colori metallici degli abiti e della pelle delle protagoniste. Ricordano i drappi delle bandiere di certi quadri del risorgimento.
Le posture delle cantanti sembrano copiate dai vasi egizi, tutte di profilo, con le braccia a ESSE. Un po’ di antico Egitto.
Gli abiti sono splendidi. In testa portano capitelli romani, come colonne, stravaganti ma bellissimi copricapi riccamente rifiniti. Un po’ di antica Roma.
Il signore al mio fianco continua a prendere appunti, senza applaudire.
I movimenti in scena sono simmetrici, appiattiti su un’unica linea, che sia retta o a semicerchio. Minimali. Al massimo un girotondo, quando proprio si vuole esagerare. Tipico di Ferrara regista. Non occupa mai pienamente lo spazio. Lo spazio scenico, s’intende.
Il signore al mio fianco continua a non applaudire. E a scrivere.
Belle le voci e la musica.
I passaggi importanti sono definiti da piogge.
Pioggia d’oro all’inizio, quando tutto va bene. Di petali a metà, quando continua l’idillio. Di neve quando succede il patatrac.
Fine.
Il signore al mio fianco rimette dentro la valigetta carta e penna e se ne va. Sempre senza applaudire. Non ho avuto il coraggio di chiedergli niente.
Sarebbe auspicabile una collaborazione tra il Festival e il Teatro Lirico Sperimentale per gli anni a venire. Lo abbiamo già detto, vero?
Proserpine, regia di Giorgio Ferrara. Musiche Silvia Colasanti. Scene Sandro Chia. Costumi Vincent Darrè. Luci Fiammetta Baldisserri. Direttore d’orchestra Pierre Andrè Valade.
Teatro Nuovo – Giancarlo Menotti – Festival di Spoleto 62