Di recente la parole del Presidente Biden hanno fatto scalpore nei salotti della diplomazia occidentale, una presa di posizione molto dura che pone fine anche al neutralismo che fino ad oggi gli USA avevano avuto nei confronti dell’isola di Taiwan che, ricordiamolo, è uno Stato riconosciuto da pochi paesi al mondo in quanto frutto del governo d’esilio nazionalista cinese cacciato dal partito comunista cinese.
Oggi però le cose sono cambiate e gli Stati Uniti sono pronti a scendere in campo pur di difendere l’isola, o quantomeno il monito di Biden sembra un estremo tentativo di prevenire la guerra. Ma perché le cose sono cambiate? Per due semplici motivi.
La guerra contro Taiwan avrebbe ripercussioni economiche peggiori della guerra in Ucraina
Mentre l’Ucraina era ritenuto il “granaio” d’Europa come Paese numero uno per l’esportazione di farina e semi di girasole, Taiwan è il primo produttore al mondo di componenti per computer e smartphone, il secondo produttore di PC e il terzo al mondo per i servizi di rete. Sono taiwanesi infatti aziende come Acer, Asus, Quanta (controllate i vostri PC..), MediaTek (produttore nr.1 al mondo di chip per telefoni), FoxConn (produttore nr. 1 al mondo di componenti elettrici OEM), CyberLink (produttore nr. 1 al mondo di DVD e software di lettura multimediale), Gigaby Technology (terzo produttore al mondo di schede madri), Trascend (secondo produttore al mondo di hardware di archiviazione di memoria). Se Taiwan fosse invasa in sostanza i prezzi di ogni apparato tecnologico nel mondo sono destinati ad aumentare a dismisura oltre a non poter ricevere più assistenza su PC, componentistica e software legati ai loro prodotti.
La secolare volontà di espansionismo del Sol Levante e il rischio di perdere la Costituzione “neutrale” del Giappone
Il secondo motivo per cui Biden è uscito con una presa di posizione così forte è il voler rassicurare l’alleato Giapponese (non a caso si trovava questi giorni proprio in Giappone) circa l’impegno degli Stati Uniti contro l’espansionismo cinese verso est che sempre di più sta provocando il Giappone (ci sono anche isole contese al confine) e che ha suscitato un dibatto interno nazionale dove oggi molti giapponesi e molti partiti vorrebbero “superare” i punti controversi della Costituzione giapponese sulla sua neutralità bellica, ovvero sulla impossibilità per il Giappone di potersi dotare di uomini e mezzi militari atti ad offendere altri paesi, ma solo di natura difensiva. Il Giappone è da secoli un Paese imperialista che ha fatto delle conquiste fuori l’isola un baluardo della sua crescita economica e influenza politica asiatica: se l’attacco cinese a Taiwan dovesse “svegliare” l’anima nazionalista del vecchio “Impero del Sol Levante” allora non solo gli USA, ma questa volta i cinesi avrebbero molto più di che preoccuparsi rispetto alle minacce di Biden nell’area.
di Michael Surace