Through the Grapevine è uno spettacolo che indaga il corpo umano nella sua forma, nelle sue dimensioni e proporzioni e nella relazione con l’altro. Un altro che è simile, ma in realtà molto diverso. E su questa diversità si costruisce l’intera coreografia. È uno spettacolo sull’equilibrio e sul disequilibrio, sulla fatica di mantenere e perdere il controllo, senza soluzione di continuità, generando incastri inediti ed eccentrici, con delicata e deliziosa ironia. Il risultato è straordinariamente straniante e disorientante. Per stupire, il coreografo non necessita di musica, suoni, costumi, scenografia. Non ha bisogno di nulla, se non dei corpi che si toccano, si incastrano, si sostengono e si abbandonano, si attraggono e si respingono. Ed è stupore. È inganno dei sensi e stravolgimento della percezione.
Se fosse un quadro sarebbe un Escher.
Ma Through the Grapevine può essere letto anche come metafora delle relazioni sociali, come il racconto della difficoltà e contemporaneamente della bellezza di procedere non individualmente, ma insieme all’altro, di evolvere e di mediare pensieri diversi, generando risultati a volte affascinanti quanto mostruosi.
Alexander Vantournhout, considerato uno tra i coreografi più interessanti della nuova generazione, usa un linguaggio originale, ibrido, che attinge a tecniche di danza, arti marziali, circo, yoga. Through the Grapevine è il suo settimo lavoro ed è il primo duetto del coreografo belga, eseguito dall’autore stesso insieme con Axel Guérin.
Lo spettacolo ha catturato ed entusiasmato il pubblico del Festival dei Due Mondi di Spoleto, ma soprattutto lo ha meravigliato e divertito.