Un teatro ponte tra l’antichità e la contemporaneità.
La performance “Il pezzo – finale con prologo”, messa in scena da C.L Grugher il 23 aprile nello Spazio Kappa di Foligno, è ispirata al testo teatrale “Orgia” di Pier Paolo Pasolini, in cui si indaga il rapporto tra vittima e carnefice all’interno della sfera sessuale.
L’opera fu prodotta la prima volta nel novembre 1968 dal Teatro Stabile di Torino e rappresentata allo spazio Deposito d’Arte Presente di Torino, spazio autogestito e autofinanziato, che ospitava opere dell’Arte Povera e azioni teatrali. È l’unico testo teatrale di Pasolini che venne messo in scena dallo stesso autore.
Nel lavoro di Grugher lo spazio scenico in cui si muovono i performers è composto da una struttura cubica delimitata da tralicci in acciaio le cui travi di collegamento fungono da americane, un trabattello da cantiere sul fondo dove in posa ieratica siedono tre personaggi e da pochi altri elementi di scena: un televisore, una disseminazione di fiori a terra ed un corda al cui estremo pende un inquietante cappio.
E’ una scena in bianco e nero, con sparute tracce di colore.
Il pubblico nell’attesa dell’ingresso evoca la partecipazione ad un rito sacramentale nella sua versione laica, dove è il teatro a trasformarsi in un sorta di spazio liturgico. Una volta entrati ci si ritrova a far parte dello spettacolo stesso per la stretta contiguità allo svolgersi dell’azione scenica: il pubblico distribuito sui tre lati di una sorta di ring diviene il proseguimento della fila di performers che si avvicenderanno sulla scena.
Quanto allo spettacolo, al tipo di drammaturgia, agli attori e al contenuto dello stesso si è trattato di un teatro d’avanguardia innovativo, fortemente performante. La messa in scena è composta da sequenze quasi fosse il girato di un film in cui determinante è la funzione finale del montaggio.
Una drammaturgia quella di C.L. Grugher che è tributaria di altre pratiche artistiche, quali la performance o l’happening, sviluppate nel contesto delle arti visuali, ponendosi dunque in risonanza con generi e forme espressive esterne e allineandosi alla tendenza attuale ad abbattere i confini dei vari codici espressivi. Si tratta di un teatro che, per la sacralità con cui viene trattato il tema scabroso che affronta e per la interazione tra i performers che sviluppano l’azione scenica su comando e la attuano, si richiama al teatro greco e alla funzione che al suo interno svolge il coro. Un teatro che è dunque un ponte tra il passato e la contemporaneità.
Il testo da cui la performance prende ispirazione svela la ragione della forte tensione che attraversa tutta l’esibizione accentuata dal televisore rosso non sintonizzato, dalla posa ieratica dei tre personaggi centrali che dirigono e orientano l’azione scenica, dal cappio sospeso anch’esso rosso, dai frammenti di parole e dal contenuto dei singoli quadri attraverso i quali si dipana l’azione.
Incisiva la sottolineatura dei cambi cromatici nell’illuminazione delle scene che passano dal blu, al rosso, al giallo e coinvolgente la trama musicale che introduce e accompagna i diversi stati tensionali.
Il finale potentissimo trasforma la scena in una bolgia di colori e di corpi.
Bravissimi tutti i performers Lucia Betti, Lisa Baratta, Marco Cappellano, Debora Contini, Monica Costantini, Federica Crispini, Silvia Ferracchiato, Federico Ferrante, Maria Fusari, Nilde Gambetti, Nadine Innocenzi, Francesca Meniconi, Alessia Mela, Erica Morici, Alfredo Parmegiani, Alessandro Petesse, Ilenia Petruccioli, Danilo Predicatori e Alfonso Russi, il regista C.L. Grugher e Giulia Battisti.
Moreno Orazi
Foto di Lucio Nigro