Per puro caso mi sono ritrovato a dover studiare la democrazia cilena. Nel governo cileno su 24 componenti del Governo ben 14 sono donne (la maggioranza), e in Parlamento c’è un’assoluta parità di genere, 50 e 50.
Sarà un caso che il Cile nella classifica del World Economic Forum sulla parità di genere si trova nel G20 delle prime nazioni che rispettano la donna anche nella vita economico-sociale, mentre l’Italia si trova al 63° posto globale dopo Uganda e Zambia, e viene calcolato che occorreranno ancora 151 anni per eliminare il gap globale relativo all’ugualianza economica di uomini e donne in Italia.
Questa “revoluciòn femenina” è nata anche da movimenti femministi locali e dal fatto che in tutta l’America latina, contrariamente che da noi, “fare politica” è considerata ancora un’arte nobile del cittadino, e la maggiore sensibilità sul futuro del Paese è stata portata avanti nel tempo proprio dalle donne.
In Italia sembra che le leggi italiane e la Costituzione, ancora per circa 1/3 scritte tra fine ‘800 e il periodo del fascismo, siano immutevoli, quasi un reato di lesa maestà nel volerle cambiare: eppure al di là del principio di uguaglianza sancito nell’art.3, non vi è alcun vincolo sulla parità di genere in concreto nel mondo economico, politico e sociale del Bel Paese.
Ad esempio, introdurre per legge che gli stipendi tra uomini e donne nello stesso tipo di impiego devono essere uguali? o che in Parlamento e in tutti i consigli regionali e comunali devono esserci per legge il 50% di donne e il 50% di uomini ?
Forse è il caso di rivedere un pò di leggi se vogliamo essere un Paese civile.
Michael Surace