Quanto è bello il teatro quando è vero!
Quando è carico di umanità, quando realmente ogni attore porta in scena, in una manciata di minuti, un vissuto reale che ti rovista dentro e smuove le viscere più profonde, andando a scrutare gli anfratti nascosti della tua emotività. Quando il punto di partenza è una realtà spersonalizzata e spersonalizzante, alienata e alienante, che è uno schiaffo in pieno viso al nostro chiudere gli occhi ad un mondo “altro”, che è lì, reale, vicino a noi. Un mondo che cerchiamo di non guardare, di nascondere con infinite sovrastrutture, alzando barriere invisibili, perché farci i conti tutti i giorni è difficile. È doloroso. È devastante. E poi sondarlo quel mondo “altro”, entrarci dentro con tutte le scarpe e con ogni singolo percettore dei nostri sensi. Con grazia e con leggerezza. Risvegliare l’anima da questa perenne anestesia totale. Che può significare anche sofferenza, ma che è vita. Vita vera.
E allora diventa potente. Emoziona molto più degli artifici scenici, della dizione perfetta, delle pose teatrali.
Potente. Sì. Fino alle lacrime.
Perché andiamo a teatro? Cosa cerchiamo e ricerchiamo, se non la capacità di emozionarci, di “sentire” profondamente? Di farci colpire in faccia dalla realtà? Di assumerla questa realtà come parte della nostra vita, della nostra verità? E poi di perdonarci, per averla nascosta a noi stessi, per avercela negata?
Le attrici, tutte, (e un attore) sono state capaci di emozionare e di raccontare una storia vera, che è di tutti e non solo di chi vive in un mondo “altro”, arrivando in profondità, dove spesso col teatro si ambisce ad arrivare ma non sempre si riesce.
Gran lavoro e gran bel lavoro.
Grazie al regista Graziano Sirci, all’autrice del testo Selene Carbonelli, a Laura Frascarelli, a tutte le Fragili attrici dell’Istituto Bonilli e a chi ha collaborato al progetto per questo dono.
“Tutto il bello della solitudine” in scena l’11 e il 12 novembre al Teatro Clitunno di Trevi.