Quest’anno il tema era “Il ritorno a casa”
Partecipo a “Spoletolegge”, l’interessante esperienza avviata ormai tre anni fa dalla Direttrice della Biblioteca Civica di Spoleto Carla Cesarini, fomentatrice di varie esperienze finalizzate a
promuovere la lettura in questa nostra città e da Andrea Tomasini, animatore culturale, critico letterario, giornalista e molto altro (una figura di intellettuale che ripropone nell’epoca
contemporanea caratterizzata dalla specializzazione dei saperi il tratto enciclopedico ed universalistico della cultura classico-umanistica di cui è tributario).
“Spoletolegge” in sostanza è un gruppo di lettura spontaneo che si riunisce una volta a settimana presso la Biblioteca (in genere il martedì).
Carla Cesarini e Andrea Tomassini all’inizio dell’anno, che coincide in questo caso con l’ingresso dell’inverno, propongono un ciclo di letture che ruotano intorno ad un topos letterario di cui si
analizzano le diverse componenti e le diverse declinazioni e significati che lo stesso ha assunto nel tempo storico.
L’anno che si sta concludendo ha affrontato il tema della letteratura di viaggi. Il programma dal titolo “Il ritorno a casa. Abitare la terra, viaggiare per mare, narrare le storie” contemplava la (ri)lettura del più antico testo della letteratura di viaggi, vale a dire l’Odissea e di altri tre testi, vale a dire l’Eneide, una sorta di compendio dei due poemi omerici in cui si fondono insieme il tema della guerra con quella del viaggio; “ Il ritorno” un diario di viaggio in versi del V° secolo scritto da un aristocratico romano, tale Rutilio Namaziano, sconosciuto ai più, che descrive il suo viaggio di ritorno da Roma nella Gallia Narbonese, richiamato nella sua terra natale dalle devastazioni causate delle scorribande dei barbari e, per concludere, con un salto temporale che baipassando l’epoca delle scoperte e delle esplorazioni delle terre nuove ci riporta ai nostri giorni, “Tristi Tropici” dell’etnologo / antropologo francese Levi Strauss.
Come funziona il gruppo di lettura? Ognuno dei partecipanti legge il testo per proprio conto e poi negli incontri si commenta collettivamente il contenuto. Andrea Tomassini funge da coordinatore proponendo alcuni temi di approfondimento e di riflessione, rimandando ad altri autori o testi che trattano tematiche analoghe a quelle del testo che si sta leggendo. Si tratta di un metodo informale che mette in luce i molteplici significati e le sfumature di senso che emergono dalla lettura
individuale, amplificati dalla molteplicità dei punti di vista dei partecipanti. Parallelamente si è sviluppata una riflessione sull’importanza del leggere e in cosa consiste la qualità specifica di questa esperienza. Il metodo è informale. La discussione è molto variegata, vivace e fortemente partecipata.
“Tristi Tropici”, l’ultimo libro di cui si sta affrontando nell’anno corrente la lettura, uscì in Italia nel 1960 per i tipi del Saggiatore. Il testo rappresenta una pietra miliare per lo sviluppo della etnologia contemporanea. E’ un compendio delle esperienze e delle esplorazioni compiute negli anni ’30–‘40 durante la permanenza in Brasile di Levi Strauss, dapprima nei confronti della società di San Paolo quando nel ’35, giovane professore, nell’ambito di un programma di scambi culturali tra il Brasile e la Francia, insegnò presso l’Università di quella città e, successivamente, quando vi ritornò come profugo per sfuggire alla persecuzione degli ebrei della Francia nazistizzata dopo la
disfatta dell’esercito francese e l’occupazione tedesca nel 1940 entrando in contatto con le tribù insediate nelle zone più interne e meno conosciute del Brasile. Coniugando ricordi personali e
ordinando le esperienze cercando di trarne elementi di struttura delle società umane con le quali entra in contatto (sia le società urbane delle città nuove, sia quelle primitive che popolano
l’entroterra brasiliano). E’, in sostanza, al tempo stesso, un diario di viaggio ed un saggio di antropologia culturale.
Questa ultima testo di cui si sta completando la lettura in questi giorni è la chiave di volta del ciclo che si sta avviando alla conclusione per tre ordini di ragioni.
La prima: Levi Strauss è una sorta di Ulisse contemporaneo che, come l’eroe omerico, entra in contatto con mondi sconosciuti, meravigliosi ed inquietanti insieme, con una natura e con paesaggi urbani completamente diversi da quelli di provenienza. Effettivamente la diversità tra il vecchio ed il nuovo mondo, tra i paesaggi naturali ed urbani del città del Brasile così fluidi, non soggetti ancora al processo di omologazione prodottosi alla fine del secolo scorso e quelli dell’Europa, così fortemente incisi storicamente e stabili, la loro distanza spazio-temporale, la loro profonda diversità geografica e climatica è ancora tale da far sì che chi approdi in Brasile in quegli anni si trovi, in un certo senso, nella situazione dei primi europei che vi posero piede dove aver attraversato l’oceano ma, prima ancora, nella condizione psichica ed emotiva in quella di Ulisse ogni volta che, nel suo tormentato viaggio di ritorno ad Itaca, approdava in un luogo sconosciuto (da Calipso, da Circe, dai Feaci , etc…).
La seconda: “Tristi Tropici”, per la realtà che descrive rappresenta per certi versi la odissea personale dell’autore; vi racconta infatti le vicissitudini che ha incontrato nel viaggio che compie diretto in Brasile (dove aveva soggiornato cinque anni prima) per sfuggire alla persecuzione nazista. Il resoconto delle impressioni e delle conoscenze acquisite riguardanti le società umane con le quali entra in contatto, con la diversità naturale e storica del nuovo mondo fanno di questo testo una sorta di moderna Odissea, un ponte ideale tra l’antichità e la contemporaneità. Nel
leggerlo infatti mi sono sentito un po’ come il re Alcinoo, il sovrano del regno dei Feaci, abitanti dell’isola felice dove Ulisse approda, quando, dopo un lauto banchetto, ascolta dalla viva voce dell’eroe il racconto dei suoi viaggi, delle sue scoperte, delle sue peripezie per giungere fino a lì.
Circostanza che ha rappresentato per me stesso una conferma della attualità e della universalità del testo omerico.
La terza: Per comprendere fino in fondo il senso di una esperienza bisogna immergersi in essa completamente senza remore. Nei due cicli ultimi di lettura il libro letto alla fine conteneva la chiave
ed il senso dell’intero percorso di lettura. Devo riconoscere che quando ci è stato proposto di rileggere l’“Odissea” e l’ “Eneide” e di concludere con “Tristi tropici” mi sfuggisse completamente il nesso tra testi che apparivano così distanti tra loro. Questo però si è rivelato più un mio limite dovuto alla circostanza che non mi era mai capitato di riflettere sul senso del viaggio e sul modo di viaggiare nel mondo antico ed in quello contemporaneo, ma non di Carla Cesarini e di Andrea Tomasini nei quali il corto circuito culturale e mentale che occorre fare per comprendere differenze e contiguità tra l’”Odissea” e “Tristi Tropici” si era già compiuto.
Leggere serva anche e, soprattutto direi, a questo: cogliere le permanenze e le distanze tra gli uomini di oggi e quelli di ieri, sentire, nel nostro modo di pensare e di affrontare la vita quotidiana, captare nei nostri gesti e nelle nostre parole, l’eco profondo dell’intera storia umana, sentirci parte della grande Famiglia Umana.