Parte prima: Platone
Platone nel libro “Repubblica” descrive, attraverso un dialogo errato con alcuni interlocutori, vizi e virtù dei singoli, dei popoli e dei governi al fine di definire un percorso formativo utile a preparare i giovani alla vita politica con il fine ultimo di individuare la migliore forma di governo virtuoso.
Nel libro IV dedica la pagina 426 alla definizione del demagogo con parole che sembrano scritte oggi; il ragionamento si sviluppa intorno a ipotesi realistiche e dopo aver descritto una polis afflitta
da infermità varie e grandi, Adeimanto esprime la speranza che “qualcuno potrà suggerire un buon rimedio, [e i cittadini] riacquisteranno certo la salute” (426, 4-5).
Platone però risponde con amarezza che il popolo seppure afflitto e “malato” rifiuterà rimedi efficaci se dolorosi, anzi si irriterà con chi propone sacrifici in vista di un bene futuro.
Platone aggiunge che la maggioranza sarà sempre pronta a concedere approvazione e tributo d’onore a “chi s’adatta a blandire i desideri della folla e cerca d’andare incontro e di indovinarli prima del tempo; chi è capace di dare soddisfazione; oh! Costui, sì, sarà un uomo onesto e bravo, un sapiente grande e sarà tenuto in supremo onore ” (426, c 5).
Adeimanto non si rassegna alla ineluttabilità di un processo politico così dannoso e ritiene che anche fra i demagoghi, che pure sono persone oneste e animate da buoni propositi, sicuramente ci sarà qualcuno che potrà correggere un così nefasto sviluppo, ma Platone replica dicendo che quando un politico è viziato dal piacere dell’adulazione è difficile, se non impossibile, distoglierlo dalle sue convinzioni: “Supponiamo che gli altri, in condizione non diversa dalla sua, continuano a ripetergli ch’egli è grande 4 cubiti. Ebbene, puoi credere che il nostro amico non finisca per ritenere veramente questa la sua statura?” (426, e).
Platone conclude amaramente che un vero legislatore non dovrebbe proporre leggi gradite al popolo per assecondarlo nelle sue cattive aspirazioni egoistiche, ma leggi utili e necessarie per risolvere i problemi della Polis nel rispetto delle virtù civiche: giustizia, equità e difesa militare.
Platone, quindi 2400 anni fa, aveva già previsto il processo attraverso cui un popolo giunge ad acclamare come salvatori della patria politici che hanno avuto la sola capacità di ascoltare i desideri egoistici della maggioranza senza alcun disegno del fine verso cui tendere e indirizzare la collettività.
E quando i due Vice Premier Salvini e Di Maio all’unisono con il Presidente del Consiglio dei Ministri si dichiarano orgogliosi di essere populisti se essere populisti significa fare ciò che il
popolo desidera, denotano scarsa conoscenza della storia antica, ma ignorano anche quella del ‘900 e hanno dimenticato come è finito il governo delle adunate oceaniche, delle pose pseudo eroiche e dei discorsi roboanti. La storia, mi si dirà giustamente che non si ripete, ma le sciagure procurate dall’incompetenza e dall’assenza di visioni strategiche coerenti con gli interessi del paese saranno inevitabili e graveranno sempre e solo sui più deboli.
(Parte prima) A seguire la riflessione su Weber e la politica come
Beruf)